I bambini nella storia dell’arte

Eccoci con Stella che ci parla di: I bambini nella storia dell’arte

I bambini nella storia dell’arte

È possibile definire i bambini, o l’infanzia in generale, uno dei soggetti preferiti di tutti i tempi degli artisti. Le molte rappresentazioni, che si possono ammirare ancora oggi, costituiscono un vero e proprio trattato sociologico e antropomorfico dell’infanzia o dell’adolescenza nel corso dei secoli, trattato caratterizzato non solo dalla rappresentazione in sé dei bambini, bensì dalla caratterizzazione psicologica degli stessi, resa in modo del tutto naturale, cogliendo i bambini nei loro atteggiamenti più spontanei.

Nel primo periodo della storia dell’arte la figura del bambino non viene analizzata a pieno. Le prime rappresentazioni potrebbero essere ricondotte al periodo romano, quando, anche se la scultura, o in un secondo momento la pittura, era incentrata sulla rappresentazione degli adulti a causa della sua funzione celebrativa, alcuni bambini cominciavano ad apparire.

Nel bassorilievo presente nell’Ara Pacis di Augusto, ad esempio, ad essere rappresentata è una famiglia coinvolta in un corteo: una donna, un uomo e un bambino tra i due. Quest’ultimo viene rappresentato fiero, come un vero e proprio uomo romano, pronto a prendere il posto del padre che lo protegge, come si evince dal gesto spontaneo della mano sulla testa.

È nel trecento, e in tutto il Medioevo in particolare, che la figura del bambino sparisce nuovamente e viene quasi del tutto sostituita da quella del bambino per eccellenza: Gesù. È proprio dalla sua rappresentazione che mi è venuta in mente l’idea di scrivere questo articolo, in particolare dalla domanda “come mai i grandi artisti nella rappresentazione di Gesù Bambino tentennano sempre nel rappresentarlo come un bambino grazioso?”. Ecco, la risposta è una, la società bizantina, per esempio, essendo molto gerarchica cercava di rappresentare Gesù come un bambino speciale, il bambino che avrebbe salvato il mondo, perciò le sue sembianze sono insolite, sin da appena nato egli ha la missione di salvare il mondo e per questo motivo è rappresentato come un adulto.

In un’icona medievale di Cimabue Gesù viene appunto rappresentato quasi come un adulto. Il bambino qui, già non più in fasce, ha la fronte stempiata, lo sguardo quasi per nulla innocente, per niente caratteristico di un bambino della sua età, e la mano che abbraccia Maria, posandole la mano sulla spalla come farebbe un bambino abbastanza grande. Nonostante questi tratti che lo identificano quasi come un adulto, non gli mancano i simboli e i gesti caratteristici, come ad esempio gli abiti o la mano benedicente.

Poco più tardi in una rappresentazione di Giotto, la rappresentazione di Gesù è molto più vicina a quella di un bambino appena nato. A farcelo considerare tale più che altro sono le fasce che avvolgono il suo corpo, come da credenza del tempo dicendo che così il bambino sarebbe cresciuto più dritto, sarebbe stato protetto dagli urti e permetteva di risolvere il problema di vestirlo, o dalla testa priva di capelli del bambino.

Affresco in Palazzo Trinci, Foligno

In un affresco in Palazzo Trinci a Foligno la rappresentazione di Gesù, ancora bambino, pere le fasce, assumendo la forma plastica di un bambino che si muove. Dato il periodo storico molto vicino ai due precedenti dipinti si crede che le due donne che gli vanno incontro siano in procinto di mettergliele.

La figura  del bambino, fuori dall’aspetto religioso, comincia a riapparire nel rinascimento non abbandonando però del tutto la figura, sempre molto presente e rappresentata di Gesù Bambino. Al suo fianco compaiono un numero smisurato di ritratti di bambini, essi ovviamente non sono bambini di strada, bensì bambini di famiglie aristocratiche o nobili, questo soprattutto nella Firenze rinascimentale dei Medici.

In un dipinto rinascimentale di Beato Angelico il Bambino Gesù appare ignaro della sua missione di Salvatore del mondo, per questo motivo è raffigurato felice, quasi in contrasto con la serenità negli occhi dei suoi genitori. Loro al contrario sanno della missione salvifica del figlio e lo osservano, quasi interrogandosi su quello che li aspetterà. Questa incertezza a sua volta è riflessa finanche negli occhi degli animali alle loro spalle.

Nello stesso periodo il Bronzino rappresenta questa bambina appartenente alla Famiglia fiorentina per eccellenza, i Medici. La bambina, abbigliata come una dama sfarzosa del suo tempo non è imbarazzata, anzi si  mostra fiera di ostentare la ricchezza, e la bellezza attraverso questa, della sua famiglia. L’idea dietro alla rappresentazione dei bambini in questi panni è sicuramente quella di propaganda della famiglia di appartenenza, inoltre questa serve perché in futuro i bambini saranno promessi in sposi a figli di famiglie nobili che accresceranno il prestigio della famiglia d’origine.

Esempio simile, ma non del tutto uguale al precedente è il ritratto di questa bambina, ancora più piccola di quella appartenente alla famiglia Medici, di Giovan Battista Moroni. Essa, come la precedente, è abbigliata da dama, con un bracciale di perle e una collana dello stesso materiale, forse regalo di battesimo della bambina, un fermaglio ingioiellato e un abito damascato,  al contrario, invece, differisce dalla precedente per la sua espressione disorientata e impacciata, forse dovuta al fatto che è davvero molto piccola e si sente estranea alla situazione.

 

La funzione di propaganda dietro ai ritratti dei figli per le proprie famiglie aristocratiche viene incrementata nel Seicento, nel Barocco, quando i bambini assumono il ruolo di vero e proprio strumento nelle mani dei propri genitori, sicuramente per accentuare il fatto che durante questo periodo storico quello che contava davvero erano le forme, l’aspetto esteriore e le movenze eleganti.

Nel dipinto di Diego Velasquez, Las meninas, di questo periodo storico, è ancora presente l’usanza di vestire i bambini come vere e propri adulti. È il caso di Margarita, figlia del re Filippo IV a cui appartiene il palazzo in cui è ambientata la scena. Lei è circondata da molte persone al suo servizio, damigelle, un cane e finanche i reali, suoi genitori, ritratti anche se in lontananza. Lei è la protagonista assoluta del dipinto come della vita di ogni genitore, il tutto è arricchito da un tocco di asservito formalismo.

In questo ritratto di Tiberio Titi sono rappresentati i figli del Principe Orsini Duca di Bracciano, ed è possibile cogliere gli abiti tipici dei bambini durante le diverse fasce di età. Il bambino più piccolo giace ancora in una culla ed è avvolto da delle lenzuola finemente ricamate, al polso h un bracciale di corallo. I due fratelli maggiori indossano le “ungherine”, dei grembiuli lunghi aperti sul davanti, decorati sulle spalle con elle alette che facilitavano alle balie il tener a freno i bambini. I più grandi indossavano degliabiti da adulti, delle casacche e dei calzoncini di seta ricamati in oro, il tutto arricchito da merletti al collo e bottoni gioiello; non poteva mancare lo spadino in vita.

Con l’affermarsi dell’illuminismo, nel secolo successivo, si afferma anche la visione prettamente razionale e sobria della realtà, questa tendenza non viene esclusa dalla rappresentazione dei bambini. 

Qui, come nei ragazzi più grandi del dipinto Seicentesco, il ragazzo ritratto da Chardin è vestito come un adulto, davanti a lui, sulla sua scrivania, ha due libri, uno calamaio e una pergamena, oggetti utili per lo studio, ma la sua attenzione è però catturata dal gioco della trottola. Egli è colto con un’espressione soddisfatta e per la prima volta in tutta la sua semplicità nell’atto più spontaneo che egli potrebbe compiere: giocare.

Il tema del gioco è ancora trattato dall’artista Graham Hogarth in un suo ritratto raffigurante alcuni bambini. Al posto dei gioielli sui vestiti dei bambini, sicuramente appartenenti ad una famiglia ricca, sono presenti delle ghirlande di fiori tra i capelli. Alla natura sono anche collegati i giochi semplici che riconducono agli animali e ai fiori. È da questo particolare che si classifica la famiglia come borghese e non nobile.

La figura dell’artista cambia con l’arrivo de nuovo secolo quello del Romanticismo. Egli non dipende più dalle committenze legate alla Chiesa o agli Aristocratici, diventa indipendente, ora egli opera anche se l’opera non gli viene commissionata: dipinge per poi cercare di vendere l’opera. L’artista essendo finalmente libero dipinge per se stesso la realtà cambiando anche la rappresentazione dei bambini a lui contemporanei.

Per la prima volta l’artista, Thomas Kennington, posa la sua attenzione su alcuni bambini indigenti. La situazione degli stessi in passato non era diversa, solo che mai nessuno ci aveva posto attenzione. I ragazzi, allora, venivano abbandonati a se stessi, qui due giacciono per strada senza scarpe, senza giochi e con le vesti strappate. Sono stanchi e affamati, come simboleggia il piatto contenente solo un pezzo di pane davanti a loro. La desolazione è accentuata sicuramente dal loro sguardo che non ne incontra nessun altro, esso è perso nel vuoto.

Non mancano però, in questo stesso secolo, ritratti di contesto nobiliare, come questo realizzato da Auguste Renoir rappresentate Irene, figlia di una delle casate più importanti di Parigi di discendenza ebrea. Essa, con indosso un abito celeste fa trasparire la semplicità e la purezza attraverso il suo sguardo e il suo candido viso ingenuo.

Con il Novecento, secolo molto vivace dal punto di vista culturale, nel mondo dell’arte si introduce la fotografia.

 La fotografia, raffigurante una famiglia numerosa, risale al periodo del regime fascista quando le famiglie con una grande prole venivano premiate a causa della volontà di aumento demografico. I nove figli sono messi in fila in ordine di altezza e quindi di età raccontando la storia di quel periodo storico. Due dei bambini indossano un’uniforme simbolo che sono pronti a prendere servizio per la Patria, le figlie più grandi, invece, sono pettinate e indossano un grembiule forse indirizzate ad essere maestre o educatrici, per formare nuovi giovani alla formazione della gloriosa patria fascista, anche se dal contesto non si coglie la gloria, anzi tutt’altro.

Come solito delle opere di Munch, anche in questa forse rappresentate un parte quindi l’inizio di una nuova vita, si esalta l’aspetto della morte. In contrasto vi propongo la scultura Big Baby. Essa è estremamente reale e rappresenta un bambino subito dopo il parto con ancora il cordone ombelicale attaccato, l’unica cosa che disdice con la realtà sono le dimensioni giganti come ci suggerisce il nome stesso dell’opera.

Ancora risalente agli anni Novanta sono queste due fasce del fumetto di Mafalda disegnate a Quino. La protagonista della storia in questione e del fumetto in generale è una bambina intelligente e autonoma che ragiona come un’adulta, che frequenta la scuola, simbolo di una quasi raggiunta parità dei sessi che permette che l’istruzione sia estesa a tutti e tutte e che il benessere della società permette una protezione estesa ai bambini, protezione che non era immaginabile prima.

Sicuramente ancora oggi, non in tutto il mondo i bambini ricevono questa protezione. Essi, in alcuni paesi, soffrono di violenza da parte degli adulti e ci ricordano ancora le condizioni dei due bambini raffigurati da Kennington nel Romanticismo.

In realtà potrei presentarvi tantissime altre opere che raffigurano bambini, come ad esempio, a mio dire fantastica Love, realizzata in onore del Festival Art Burning Man 2015. Essa raffigura due bambini illuminati che si tengono per mano attraverso una grata modellata a forma di due adulti, proprio a simboleggiare la perdita dei valori che caratterizzano i bambini, quali la purezza e la spontaneità, nell’età adulta. Mi fermo qui, magari scriverò un secondo articolo su questo tema se vi può interessare. Al prossimo appuntamento con l’arte.

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