Cesare tra uomo e mito

Cesare tra uomo e mito è il primo articolo di una rubrica dedicata alla storia, sarete voi utenti a scegliere se sarà presente periodicamente sul blog o meno quindi fatemi sapere se vi interessa!

L’autore della rubrica è: Sabbatini Giacomo

 

Gaio Giulio Cesare nacque a Roma nel 100 a.C. . Apparteneva alla gens Iulia, che vantava una discendenza da Iulio, figlio di Enea, che a sua volta era figlio di Venere.  Perse il padre a soli 16 anni  e fu allevato dalla madre, che si dedicò intensamente a istruire Cesare e sua sorella Giulia.  Lo zio di  Cesare era Gaio Mario, capo della fazione dei populares e avversario di Silla. Alla morte dello zio  anche  Cesare fu soggetto delle persecuzioni di Silla, dopo aver rifiutato strenuamente di  ripudiare la moglie Cornelia, si rifugiò prudentemente in Africa per scampare alla morte. Alla morte di Silla avvenuta nel 78 tornò a Roma. A Roma pronunciò un grande elogio per la morte della moglie Cornelia e della zia Giulia, dove rendeva chiare le sue posizioni politiche di populares.

Tuttavia nonostante questa questa  forte fama di politico antioligarchico che si era costruito, Cesare era noto anche per essere un uomo corrotto e corruttore, difatti nel 63 era riuscito a farsi eleggere al pontificato massimo attraverso la corruzione elettorale. Pare addirittura che i creditori non lo facessero partire per il governo in Spagna, da propretore, finché Crasso non gli pagò i debiti. Tuttavia, l’aspetto più significativo della vita di Cesare prima del triumvirato con Pompeo e Crasso, fu quello di una costruzione lenta ma sicura, di una fortuna politica con notevole fiuto, ma anche con coerenza nei confronti dei principali problemi del periodo. Ciò che fece fino al triumvirato, per quanto abile, non fu eccezionale, ma fu il suo mito a renderlo tale. Quindi nel 60, Cesare stipulò l’accordo con Pompeo e Crasso noto come primo triumvirato, nato dalla volontà di Pompeo di fronteggiare la volontà del Senato di ridimensionare i suoi poteri personali. La facilità con la quale fu raggiunto tale accordo  privato, mostra come le istituzioni repubblicane fossero in crisi e non riuscissero ad impedire la crescita del potere individuale.

Questo patto prevedeva come prima cosa il consolato di Cesare nel 59, che infatti egli ottenne  in perfetta regola con il cursus honorum. In quell’anno di consolato Cesare accumulò un enorme potere, ma anche con grande odio da parte della classe senatoria, a causa di provvedimenti a loro sfavore. Finito il consolato quindi, Cesare iniziò la sua attività di proconsole nella Gallia Narbonense acquisendo man mano sempre più potere. La situazione tra le popolazioni galliche era in rapida evoluzione, gli Elvezi si erano stabiliti in Svizzera, mentre i Sequani e Suebi si spinsero verso Occidente. Cesare allora uscì dalla Gallia, senza l’approvazione del Senato e annientò Seubi ed Elvezi. Da questo momento l’azione del futuro dittatore assunse porzioni sempre più vaste, mirando alla conquista della Gallia. Questo territorio era abitato da popolazioni celtiche, che vivevano in villaggi fortificati su delle alture e uniti da un patrimonio religioso e culturale. Essi erano un popolo organizzato per la guerra ed erano guidati da un’aristocrazia a base famigliare. Cesare presentò l’impresa come un rafforzamento dei confini dell’impero, ma in sostanza si trattava di una guerra di conquista e di un territorio molto ricco da cui si potevano trarre molti vantaggi. Tra il 57-56 Cesare marciò fino al cuore della Gallia, vincendo vari scontri. Mentre Cesare era in Gallia alcuni suoi uomini, come Clodio, a Roma tentavano di controllare il governo, ma le sue azioni turbarono profondamente gli animi dell’oligarchia, che si riappacificò con Pompeo per fermare le opere dei cesariani nella capitale.

Diveniva ormai chiaro che la lotta non era più tra Senato e potentati, bensì essa si volgeva tra i potentati stessi per il governo di Roma. Nel 56 il triumvirato fu rinnovato, tagliando fuori totalmente il Senato e dando a Cesare il comando delle Gallie per altri 5 anni, mentre a Roma Pompeo e Crasso avrebbero avuto il consolato. A Lucca convennero anche numerosi senatori, a testimonianza dell’ambiguità dell’accaduto,da quel momento Cesare fece compartecipi i senatori delle sue vittorie ed essi lo ricambiavano con pubbliche manifestazioni di plauso. Intanto, dopo il consolato, Pompeo preferì rimanere a Roma invece che partire per la sua provincia e Crasso partì per una spedizione con i Parti, morendo nel 53 dopo la fragorosa sconfitta a Carre. Intanto i senatori anticesariani a Roma continuarono a complottare, finchè nel 52 il principale rappresentante cesariano,  ovvero Clodio, fu ucciso e a Pompeo fu dato il controllo del governo, con la nomina di console senza collega. Intanto Cesare continuava la sua conquista della Gallia, spingendosi fino in Britannia. I galli si riunirono sotto la guida di Vercingetorige,  capo degli Averni, che diede alla ribellione un aspetto nazionale e che costituì un formidabile avversario per Cesare. Nel 52 Vercingetorige fu sconfitto nel leggendario assedio di Alesia, un episodio che segnò indelebilmente la storia militare  per la grande maestria, capacità tattica e coraggio con cui venne condotto e che fece guadagnare a Giulio Cesare un posto d’onore tra i più abili condottieri di tutta la storia. Mentre però il futuro dittatore si guadagnava un posto nella storia, i suoi avversari a Roma tentavano apertamente di fargli lasciare il comando processandolo. Pompeo a questo punto si alleò apertamente con il Senato, divenendo campione del lealismo repubblicano. I senatori e Pompeo si impegnarono di far lasciare a Cesare le legioni e il comando in Gallia, ma ormai, da quando Pompeo si era reso disponibile a combattere per i senatori, la guerra civile era inevitabile.

Dopo un’ altra serie di azioni di boicottaggio del Senato e tentativi di farlo tornare in Italia per essere imprigionato, Cesare nel 49 varcò il Rubicone, che delimitava il pomerium, ovvero il confine sacro,venendo dichiarato nemico pubblico, ma impadronendosi in breve tempo di parte dell’ Italia. Cesare avendo dalla sua, oltre alla sua reputazione politica solidissima e al favore del popolo, un esercito fedelissimo e i ricchi proventi della Gallia,  non lasciò a Pompeo altra scelta che  fuggire da Roma per rifugiarsi nelle aree dell’Impero dove aveva la sua forza. Cesare condusse la guerra su due fronti, quello politico, dove presento la guerra come una difesa necessaria alla sua posizione ingiustamente minacciata e militare. Con notevole lungimiranza Cesare si mostrò magnanimo, perdonando tutti coloro che si erano schierati con Pompeo, impressionando tutti e guadagnandosi il favore dell’opinione pubblica. Sul piano militare prima si coprì le spalle in Spagna, sconfiggendo le truppe di Pompeo in quei territori e assicurandosi il predominio. Nel 49 assunse la dittatura, che lasciò nel 48, ma assumendo il consolato, iniziando così il problema che non riuscì mai a risolvere, ovvero come giustificare il suo potere personale e renderlo accettabile. Pompeo e Cesare si scontrarono in una imponente battaglia a Farsalo, dove il secondo riuscì a vincere decisivamente seppur in netta inferiorità numerica. Dopo essere fuggito Pompeo si rifugiò in Egitto, dove però venne fatto uccidere per ingraziarsi Cesare, che però mostrò di non apprezzare per nulla il gesto e che onorò la memoria dell’ avversario. In Egitto  Cesare mise sul trono Cleopatra, sorella del re assassino di Pompeo, alla quale si legò sentimentalmente e che gli diede un figlio, Cesarione. Successivamente il dittatore sconfisse il re del Ponto Farnace e i figli di Pompeo a Tapso e Munda, distruggendo così l’opposizione senatoria. Nel 46 rivestì un terzo consolato e nel 45 gli fu conferita la dittatura per 10 anni. Riguardo all’attività politica si dimostrò straordinariamente attento ed efficace, distribuendo grano ai ceti più bassi, costruendo opere pubbliche e pacificando i senatori,rassicurandoli facendoli sentire parte integrante del governo e attuando varie riforme anche a loro favore. Egli diede inizio ad un grande processo di urbanizzazione in tutto l’impero, comprendendo che esso non era solo Roma, ed estese la cittadinanza romana a praticamente tutta l’ Italia. A Cesare dobbiamo anche il calendario giuliano, che è la base di quello attuale. Nel gennaio del 44 fu proclamato dittatore a vita ed ebbe onori mai  visti e degni di un dio( tra cui il conferimento del diritto di portare una corona di alloro). A febbraio il fedele Marco Antonio gli offrì pubblicamente la corona di re, ma Cesare per tre volte la negò, per rassicurare chi temeva che avesse ambizioni monarchiche. In effetti non sappiamo quello che veramente intendesse fare il dittatore,ma si pensa che la guerra che intendeva condurre contro la Partia avesse l’obbiettivo di annettere territori orientali, in cui  un monarca di connotazione divina era ormai inserito nella tradizione.

Un folto gruppo di senatori però, tra cui anche Cicerone, ancora detestava il dittatore e alle Idi di marzo del 44, durante una riunione del Senato, i capi della congiura Marco Giunio Bruto, Gneo Cassio Longino e Decimo Giunio Bruto eliminarono il dittatore, uccidendolo, secondo la tradizione, con 25 coltellate. Saputo della sua morte e istigato da Antonio, il popolo si riversò per le strade per cercare i congiurati con furia omicida. Nei giorni seguenti Cesare fu divinizzato dal Senato, la sua memoria fu legittimata e i suoi atti ratificati, gli fu dedicato un culto e l’altare in cui furono deposte e cremate le sue spoglie è meta di pellegrinaggio ancora oggi. Moriva l’uomo, ma incominciava il mito.

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