Recensione “La luce di Akbar” il romanzo dell’impero Moghul di Navid Carucci edito La Lepre Edizioni.
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TRAMA
Nell’Hindostan del XVI secolo Akbar, terzo imperatore della dinastia moghul, domina una corte eclettica che accoglie islamici sunniti e sciiti, gesuiti, indù, ebrei, zoroastriani. La sua apertura a ogni etnia e dottrina suscita indignazione tra i custodi dell’ortodossia religiosa, che fanno del loro meglio per ostacolare o addirittura rovesciare il sovrano. In questo ambiente inquieto, e spesso spietato, inizia la parabola del funzionario hindu Jamal e di suo figlio Samir. La loro traiettoria incrocia quella degli astri di corte e in particolare del principe Salim, primogenito di Akbar, che patisce l’ombra del padre e teme quella dei fratelli. Samir e Salim diventano amici, accomunati dal risentimento verso i genitori e dall’amore per Man Bai, sensuale principessa celata nell’harem. La somiglianza dei nomi rimanda all’intreccio dei loro destini, tra separazioni e riavvicinamenti. Quasi tutti i personaggi sono storicamente esistiti e raccontati con fedeltà. Si muovono negli interstizi della grande Storia per illuminare non solo la loro epoca ma anche, indirettamente, la nostra. Il re Akbar, l’erudito Abul Fazl, l’inflessibile mullah Badauni, l’ardente gesuita Rodolfo Acquaviva, gli eterni rivali Shahbaz khan e Aziz koka, attraverso le reciproche interazioni esplorano temi sempre attuali: il dibattito religioso, la natura del potere, il dialogo tra civiltà diverse. In primo piano la difficoltà ad accettare l’eredità dei padri, dilemma senza tempo nel quale potrà specchiarsi anche il lettore di questo romanzo.
RECENSIONE
Un viaggio nell’Hindostan del XVI secolo.
Iniziò tutto da un rotolo dal sigillo spezzato il cui interno dichiarava a ogni musulmano di ribellarsi contro il Re del Mondo, Akbar.
Il libro è narrato a tratti in prima persona dal protagonista Samir, la cui vita avrà una svolta quando lui e il padre giungono al cospetto del principe Salim, primogenito del re, dove apprendono notizia della morte del governatore del Bengala, ucciso e giustiziato.
La prima persona si interseca alla terza persona che ci offre spazi più nitidi e ampli sul resto della storia.
Quando Samir viene riconvocato a corte dal principe, esso gli fa presente della sua passione per la pittura. In questo modo, forse, con una sorta di passione e connessione comune, il principe Salim iniziò ad apprezzare quel ragazzo seppur la sua poca conoscenza del resto.
Nel frattempo al cospetto di Akbar, si indaga sulla morte per avvelenamento dell’assaggiatore di sua maestà. Questo avvenimento farà stare sull’attenti Akbar che si servirà del necessario per smascherare il colpevole.
Durante la lettura troviamo anche dei piccoli stralci scritti che riguardano e approfondiscono pezzi di vita di Akbar o del passato, utili per il proseguimento e la comprensione della storia.
Il romanzo ci offre un’ottima prospettiva sulla storia dell’impero Moghul e delle diverse religioni che si abbracciano formando una collettività di vita, o almeno ci provano a far andare bene questa convivenza.
Tra guerre, litigi, amore, amicizie, parentele, ribellioni, troviamo una meravigliosa e affascinante descrizione delle usanze e dei costumi.
Non mancheranno infatti terminologie specifiche su questa cultura indiana.
Ciò che lo rende ancor più speciale è il fatto che quasi tutti i personaggi sono davvero esistiti.
Arianna
Sono Arianna Venturino creatrice del blog onlybookslover.it
Promuovo autori e realizzo grafiche editoriali.