Le Compagnie di venture: le città italiane raccontate nel nuovo articolo di storia di Giacomo Sabbatini
Nella prima metà del Quattrocento le città italiane si dimostrarono incapaci di unirsi in un progetto nazionale, continuando le lotte tra rivali, più o meno vicine. , e la guerra divenne una condizione perenne nella penisola e Il mestiere del guerriero, di antica tradizione e rafforzato nel corso del XV secolo da vari tornei, divenne una consistente fonte di reddito, appagando anche lo spirito di avventura degli uomini. Si ebbe così la nascita delle Compagnie di ventura, ovvero eserciti mercenari, comandati da condottieri talora valorosi che animarono una nuova tattica guerresca, spesso vincente sugli assalti della cavalleria e su quelli delle milizie cittadine. I capitani di ventura presero il nome di condottieri, perché usavano andare “in condotta”, ossia venivano assoldati. Le prime compagnie erano formate da stranieri, il primo condottiero italiano fu Alberico da Barbiano e la sua Compagnia era detta di San Giorgio. Era questo il panorama su cui si stagliavano le città italiane. Genova, ad esempio, nel Quattrocento finì sotto la protezione viscontea, poi sotto quella francese, finchè non andò quasi in bancarotta e fu costretta a vendere Livorno a Firenze. Al contrario Venezia rimarginò le ferite della guerra di Chioggia, continuando a svilupparsi. Nel Quattrocento il doge Francesco Foscari avviò la politica di terraferma, facendo acquisire alla Serenissima il Veneto, il Friuli, la Dalmazia, Bergamo, Brescia, Ravenna, le coste orientali e numerose isole, tra cui Candia e Creta. Così Venezia e San Marco campeggiarono fino all’Oriente. A Milano invece si susseguivano continui tentativi di invasione dalle città collegatesi contro di lei e il duca Filippo Maria Visconti dovette cedere terreni a Venezia. Nel 1423 si formò una lega antiviscontea, capeggiata dai Savoia, da Firenze e da Venezia, che sconvolse tutta la Lombardia per dieci anni. Nel 1433 si concluse una pace favorevole a Venezia. Morto Filippo Maria Visconti, il genero Francesco Sforza aspirò alla successione, riusciendo a diventare duca più con la diplomazia che con le armi. Durante la guerra contro Milano per la successione, Francesco si alleò con Venezia, ma una volta conseguiti i suoi obbiettivi, le fece guerra, provocando l’sitituzione di una seconda lega antiviscontea, che si concluse con la pace di Lodi del 1454.
Firenze negli stessi anni allargava i suoi confini a Cortona, Pisa e Livorno, raggiungendo uno sbocco sul mare. Vitale e in ripresa rapida dopo la crisi della peste, nel XV secolo la città si arricchì di edifici come la cupola brunelleschiana, palazzo Ruccellai, la chiesa di San Lorenzo e palazzo Medici. La famiglia Medici, giunta dal contado, non aveva tradizioni nobiliari, ma il commercio e le attività bancarie la posero in situazione di grande ricchezza. Basti pensare che i Medici ebbero un imponibile di 80 mila fiorini annui, un vero tesoro. In principio la famiglia assunse atteggiamenti democratici e raggiunse una discreta popolarità con Cosimo il Vecchio, durante il periodo della lega antiviscontea. Per i suoi atteggiamenti antioligarchici Cosimo fu cacciato dalla città, ma nel 1434, a causa del malcontento dei cittadini, fu richiamato. Al suo ritorno non mutò la costituzione fiorentina, ma riuscì lo stesso a fondare la sua signoria, attraverso una politica definibile di “vertice” ossia facendo assumere nelle magistrature solo amici fidati. Successivamente Cosimo procedette all’esilio di tutti gli avversari, a cominciare dalla famiglia degli Albizzi, gli storici rivali della famiglia Medici. Alla morte del figlio di Cosimo, Piero, i de’ Pazzi, appartenenti alla vecchia oligarchia, cercarono di impadronirsi del potere. Lorenzo e Giuliano de’ Medici (i figli di Piero), furono assaliti in duomo; Giuliano fu ucciso, mentre Lorenzo, salvatosi miracolosamente, represse vigorosamente la sommossa. Da allora instaurò a Firenze un governo autoritario, durante il quale seppe assicurarsi il progresso fiorentino, favorendo il fiorire del primo Rinascimento. Lorenzo il Magnifico fu il più insigne rappresentante della politica dell’equilibrio, dominando la penisola come moderatore e divenendo l’ago della bilancia della politica italiana.
Firenze grazie a Lorenzo occupò un posto superiore tra le potenze italiane, nonostant l’inferiorità rispetto ad altre città in ambito militare e territoriale, divenendo il centro dell’Occidente europeo. Gli Stati italiani si preparavano così ad affrontare l’urto degli stati nazionali, da cui vennero sconfitti, annullando completamente il sogno di un’unità della penisola per altri quattro secoli.
Sono Arianna Venturino creatrice del blog onlybookslover.it
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