INTERVISTA: Roberta De Tomi

Intervista a ROBERTA DE TOMI

Ti sei mai cimentata in altri generi?
Ciao a tutti/e, grazie per lo spazio che mi dedichi!
Vengo alla risposta: in questi anni ho spaziato molto. Sono partita dalla narrativa mainstream con il romanzo corale “Il maledetto residuo nel cuore” (Rupe Mutevoli Edizioni), passando per la manualistica di “Come sedurre le donne” (How2 Edizioni) per poi approdare al chick-lit di “Chick Girl – Azalee per Veridiana” (Delos Digital). Ho inoltre scritto alcuni racconti di fantascienza per le antologie della serie “Scritture Aliene”. Con “Alice nel labirinto” ho ripreso un percorso interrotto tanti anni fa. A volte capita di avere delle idee in testa, ma hai l’impressione di non detenere gli strumenti adeguati per plasmarla. In questi anni ho sperimentato, sbagliato, cancellato,  riprovato e poi… è arrivato questo lavoro. Un’Alice più grande che si perde in un labirinto metaforico, costellato da incontri bizzarri, nonsense e altre stranezze. Il romanzo che ho scritto per DAE (Dario Abate Editore) mi ha permesso di spalancare una porta che è rimasta chiusa per anni, consentendomi di far uscire il mondo che avevo dentro.

Il tuo autore preferito?
Ho molti autori e autrici preferiti, ma se dovessi citarne una, è la belga Amélie Nothomb. Surreale, geniale, mai banale. Ovviamente ho un elenco di autori e autrici che amo, considerando che sono una lettrice onnivora, curiosa e disordinata… Michael Ende, Philipp Pullman, Ursula K. Le Guin Goethe, Mann, Hesse, Isabella Santacroce, Stephen King, Piradello, Achille Campanile, Banana Yoshimoto, etc.

La tua scrittura si ispira a qualche scrittore in particolare?
In ogni romanzo cerco di puntare su aspetti quali: la sensorialità, la creazione di personaggi che possano restare impressi nel lettore e nella lettrice, l’uso mai piatto della lingua, gli indizi sparsi per creare un pizzico di tensione. Ogni romanzo è sicuramente il frutto di un’influenza, ma non ti saprei indicare scrittori in particolare: tanti mi possono ispirare e mi ispirano inevitabilmente. Ma, intanto, leggo tutto quello che posso e mi interessa e cerco di imparare qualcosa da tutti/tutte.

Quanto tempo dedichi alla scrittura?

Almeno un paio d’ore al giorno, salvo particolari impegni di lavoro.

Come arriva l’ispirazione?
Dal mio punto di vista l’ispirazione non è come un fulmine a ciel sereno: è qualcosa che possiamo stimolare attraverso le letture, la visione di film, l’attenzione alla realtà e al flusso delle idee che nascono in testa. Il difficile, secondo me, non è tanto avere l’ispirazione, quanto il lavoro di scrittura in sé. È lì che si gioca tutto. Quando la storia deve arrivare al lettore. Quando entrano in ballo le componenti di una storia: come un puzzle che devi riuscire a comporre senza perdere un tassello.  

Da quanto tempo scrivi?

La scrittura ha sempre fatto parte della mia vita, in forme e modi differenti. La definisco un’esigenza. Dal blog al giornalismo, passando per la gestione di contenuti web e il copywriting. Per quanto riguarda la narrativa è da sei anni che le dedico il mio tempo con una certa costanza.   

Come hai iniziato?
Ho iniziato da bambina, spinta dalle idee che avevo in testa e dalla passione per la lettura. Nell’adolescenza ho scritto ben poco, salvo poi riprendere la penna in mano intorno ai 24 anni. Tra interruzioni e riprese, mi sono rimessa a scrivere nel 2012 e da lì ho cominciato a dare maggiore continuità all’attività. Ho tanti lavori nel cassetto che non ho mai pubblicato e proposto perché ai tempi non mi sembrava il momento. Ovviamente anche i no che ricevuto hanno inciso, ma come sempre, è una questione di tempi giusti per cui non ci sono regole.

Ti occupi di altro nella vita?
La scrittura è il perno attorno al quale verte il mio lavoro: sono attiva nella Comunicazione e, dopo tanti anni di esperienza maturata nel giornalismo e nei blog, il mio obiettivo è quello di proseguire e, anzi, poter lavorare nella scrittura creativa.

Stai già lavorando su qualche altro libro?
Come detto, ho diversi racconti e romanzi nel cassetto su cui lavorerò. Spero nel 2019 di far uscire almeno un paio di progetti. Inoltre ho due sogni che coltivo da una vita: scrivere un musical e dedicarmi alla produzione per ragazzi e bambini. Ho sempre amato raccontare storie ai piccoli e mi piacciono i libri dedicati a loro, al punto che li leggo con grande piacere. Ci sono autori e autrici del settore straordinari.   

Cosa ne pensi del mondo dell’editoria?

Si tratta di un mondo variegato e complesso di cui non possiamo fare dell’erba un fascio. Ci sono ottimi professionisti che operano in questo ambito cui va dato grande merito. Qualche perplessità la sollevo invece verso coloro che si “improvvisano” editori. Non tutti possiamo essere editori: occorre conoscere le dinamiche del mercato, questioni squisitamente tecniche e al contempo avere un’ottima preparazione in materie letterarie (e non solo quelle). Il concetto è studiare, lavorare sodo e sapere quello che si fa, come accade in tutti i mestieri. Temo che la gente troppo spesso confonda la passione con le competenze e la professionalità, come accade per tutte le professioni della  Comunicazione, dove sembra che tutti possano farlo; per carità, la passione è importante, ma occorre capire che quello dell’editore è un mestiere come altri mestieri che richiedono una preparazione o almeno la volontà di accedere a questa preparazione. Credo che serietà e consapevolezza vadano a braccetto, sempre partendo dal presupposto che nessuno nasce con la verità in tasca e che tutto può essere imparato. Mi pare che troppo spesso si lascino le cose al caso.
Sul tema self-publishing: non sono contraria, anzi, credo che le diverse piattaforme virtuali possano permettere di far conoscere opere e autori e autrici interessanti. La pluralità di espressione creativa e artistica va così rispettata.  
L’unica nota, se posso permettermi di dirlo: essere self implica essere autocritici e consapevoli che un occhio esterno può aiutarci a correggere il nostro lavoro. Un successo editoriale nasce dalle sinergie di uno staff, non è frutto di mera casualità, come spesso siamo portati a ritenere a causa di alcuni “casi editoriali” frutto di un ottimo lavoro di marketing.
Detto questo, credo che sognare e provare sia legittimo, ma con i piedi piantati a terra e con una minore superficialità di approccio.     

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