Intervista a Laura Moreni autrice del libro “Siamo come le lumache” edito da Bertoni editore e disponibile su tutti gli store.
TRAMA
Una telefonata imprevista, ricevuta di domenica mattina, turba la tranquillità e la monotonia della vita di Tilda, che è costretta a partire all’improvviso verso le sue zone d’origine. Inizia così un racconto in cui le vicende del passato dilagano via via nella narrazione, delineando gli eventi cruciali che hanno segnato la protagonista e i suoi amici d’infanzia, Anita, Gubo e Dodi. Con il rammarico dell’età matura, e attraverso il disagio che ha condizionato buona parte della sua vita, Tilda ripercorre la storia e le scelte di ognuno di loro, l’inadeguatezza e l’immaturità, nella speranzosa ricerca di ciò che pare ormai andato perso.
INTERVISTA
- Ciao e benvenuta su onlybookslover.it.
Parlaci del tuo libro “SIAMO COME LE LUMACHE”!
“Siamo come le lumache” è un romanzo che tratta di rapporti di amicizia, di amore e di famiglia, e li analizza nel loro evolversi attraverso un arco di tempo piuttosto lungo, quasi 35 anni. È un racconto che parla di errori ma anche di consapevolezza, e ci riesce alternando l’utilizzo di due piani temporali: quello del presente, in cui la vicenda ha inizio, e quello del passato, in cui la protagonista racconta la sua storia e quella dei suoi più grandi affetti. Poi i due piani temporali si ricongiungono e la storia raggiunge il suo esito.
- Come è arrivata l’idea?
Mi ero trasferita e da diversi anni ero lontana da “casa”. Ho iniziato a sentire nostalgia, della famiglia e degli amici, e inevitabilmente ho iniziato a ragionare sui legami che si erano diluiti nel tempo a causa della lontananza e su quelli che, invece, resistevano e si solidificavano. Così ho voluto inventare una storia che parlasse di rapporti, anche un po’ complicati, e di amicizia in particolare.
- Ci spieghi come è nato il titolo? È arrivato prima o dopo la stesura? Richiama la storia?
Ho cercato a lungo il titolo adatto al mio romanzo, e faticavo a trovarlo. Il libro era già terminato da tempo, ma quelli che mi venivano in mente non mi piacevano, sembravano banali. Poi un giorno stavo rileggendo alcune pagine e lì, all’improvviso, il titolo si è manifestato. Proviene proprio da un passaggio nel testo, in un momento chiave della storia, e ho capito subito che era quello giusto, perché è emblematico: tutti i miei personaggi sembrano apparentemente fermi, bloccati su se stessi, invece loro malgrado negli anni seguono il loro cammino, lasciando una scia che ha grosse influenze sugli altri. Inoltre il guscio rappresenta bene il peso delle scelte che ognuno si porta appresso, che è sì un fardello ma, allo stesso tempo, anche un rifugio.
- C’è un evento nel libro che hai particolarmente amato scrivere?
Ce ne sono molti. Sicuramente però più di tutti il momento in cui, dopo venticinque anni, avviene un incontro/confronto tra due personaggi (scena che qui non voglio svelare!). È una scena struggente, intensa, che mi è costato molto scrivere perché ho dovuto controllarla: era facile trascendere e scivolare in esiti banali. Però se la rileggo, anche oggi, mi commuovo ancora. È una scena molto forte, e arriva all’apice di un percorso, quindi porta tensione ma è anche catartica.
- Cosa ci dobbiamo aspettare da questa storia? Cosa volevi trasmettere?
È una storia semplice nella misura in cui tratta di cose “piccole”, cioè di eventi che, più o meno gravi, sono normali nelle vite normali, e possono accadere a tutti. Ho narrato la vita di quattro personaggi che non hanno nulla di eccezionale, di eroico, di particolarmente invidiabile: sono personaggi pieni di difetti, di incoerenze, di fragilità. Credo che siano molto “umani”, in questo. E quello che volevo trasmettere, in effetti, era proprio l’importanza delle vicende banali, che però, per chi le vive, banali non sono mai: possono anzi condizionare un’intera vita. Mi interessava trasmettere le emozioni, il dolore e la gioia, la delusione. Le frustrazioni, anche. Volevo che il libro riuscisse a far sentire il lettore in empatia con il mio racconto, per un elemento o un altro.
- Questo è il tuo primo libro? Che emozioni hai provato dopo aver messo la parola “FINE”?
Questo è il mio primo romanzo. Un lavoro su cui ho investito incredibili energie e molto tempo; quando l’ho terminato mi sono sentita soddisfatta, da un lato, ma anche fragile, dall’altro: è stato difficile lasciare andare i miei personaggi, le mie “creature”, e condividerli… Per me ormai erano compagni di viaggio, riempivano le mie giornate. Ho dovuto abituarmi a stare senza di loro, e all’inizio mi sentivo un po’ smarrita. Li ho amati molto.
- Quale genere leggi di solito? Hai delle preferenze o ti piace variare?
Sono una lettrice vorace, e piuttosto onnivora. Tendo a saltare di palo in frasca, dai grandi classici all’ultima novità commerciale. Amo molto i gialli e i Thriller, e la narrativa contemporanea. Mi piace la narrativa italiana perché adoro la lingua italiana, e quindi mi diverto a osservare come gli autori giocano con i vocaboli, con la sintassi, con la punteggiatura. Si impara sempre. Mi piace un po’ meno il genere Fantasy, ne leggo poco e occasionalmente. Non mi piace nemmeno il Romance, anche se le belle storie d’amore mi appassionano sempre.
- Stai parlando a un lettore che ancora non ti conosce, perché dovrebbe leggerti?
Credo che il mio romanzo sia interessante perché affronta tanti passaggi diversi della vita e tante difficoltà in cui tutti, più o meno, siamo incappati. Quindi per il lettore è naturale immedesimarsi nelle situazioni, lasciarsi coinvolgere dalle vicende. Inoltre ho lavorato molto per arrivare a una scrittura fluida e precisa, che rende la lettura avvicinabile da chiunque. Volevo toccare anche alcuni argomenti piuttosto profondi senza appesantire la piacevolezza della lettura.
Sono Arianna Venturino creatrice del blog onlybookslover.it
Promuovo autori e realizzo grafiche editoriali.